Milano,
263 ca. – Roma, 304 ca.
Le notizie storiche su san Sebastiano sono
davvero poche, ma la diffusione del suo culto ha resistito ai millenni, ed è
tuttora molto vivo. Ben tre Comuni in Italia portano il suo nome, e tanti
altri lo venerano come santo patrono. San Sebastiano
fu sepolto nelle catacombe che ne hanno preso il nome. Il suo martirio
avvenne sotto Diocleziano. Secondo i racconti della sua vita sarebbe stato un
cavaliere valsosi dell'amicizia con l'imperatore per recare soccorso ai
cristiani incarcerati e condotti al supplizio. Avrebbe fatto anche opera
missionaria convertendo soldati e prigionieri. Lo stesso governatore di Roma,
Cromazio, e suo figlio Tiburzio,
da lui convertiti, avrebbero affrontato il martirio. Tutto ciò non poteva
passare inosservato a corte, tanto che Diocleziano stesso convocò Sebastiano.
Inizialmente si appellò alla vecchia familiarità: «Ti avevo aperto le porte
del mio palazzo e spianato la strada per una promettente carriera e tu
attentavi alla mia salute». Poi passò alle minacce e infine alla condanna. Venne legato al tronco di un albero, in aperta campagna, e
saettato da alcuni commilitoni. (Avvenire)
Patronato: Atleti,
Arcieri, Vigili urbani, Tappezzieri
Etimologia: Sebastiano
= venerabile, dal greco
Emblema: Freccia,
Palma
Martirologio Romano: San Sebastiano, martire, che, originario di Milano, venne
a Roma, come riferisce sant’Ambrogio, al tempo in cui infuriavano violente
persecuzioni e vi subì la passione; a Roma, pertanto, dove era giunto come
ospite straniero, ebbe il domicilio della perpetua immortalità; la sua
deposizione avvenne sempre a Roma ad Catacumbas in questo stesso giorno.
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Le notizie storiche su s. Sebastiano sono davvero poche, ma la diffusione
del suo culto ha resistito ai millenni, ed è tuttora molto vivo, ben tre
Comuni in Italia portano il suo nome, e tanti altri lo venerano come santo patrono.
Le fonti storiche certe sono: il più antico calendario della Chiesa di Roma,
la ‘Depositio martyrum’
risalente al 354, che lo ricorda al 20 gennaio e il “Commento al salmo 118” di s. Ambrogio
(340-397), dove dice che Sebastiano era di origine milanese e si era
trasferito a Roma, ma non dà spiegazioni circa il motivo.
Le poche notizie storiche sono state poi ampliate e diciamo abbellite, dalla
successiva ‘Passio’, scritta probabilmente nel V
secolo dal monaco Arnobio il Giovane.
Ne facciamo qui il riassunto integrando le due fonti, dando prima una introduzione storica.
Nel 260 l’imperatore Galliano aveva abrogato gli
editti persecutori contro i cristiani, ne seguì un lungo periodo di pace, in
cui i cristiani pur non essendo riconosciuti ufficialmente, erano però
stimati, occupando alcuni di loro, importanti posizioni nell’amministrazione
dell’impero.
E in questo clima favorevole, la
Chiesa si sviluppò enormemente anche nell’organizzazione;
Diocleziano che fu imperatore dal 284 al 305, desiderava portare avanti
questa situazione pacifica, ma poi 18 anni dopo, su
istigazione del suo cesare Galerio, scatenò una
delle persecuzioni più crudeli in tutto l’impero.
Sebastiano, che secondo s. Ambrogio era nato e cresciuto a Milano, da padre
di Narbona (Francia meridionale) e da madre
milanese, era stato educato nella fede cristiana, si
trasferì a Roma nel 270 e intraprese la carriera militare intorno al 283,
fino a diventare tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma,
stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano
e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano.
Grazie alla sua funzione, poteva aiutare con discrezione i cristiani
incarcerati, curare la sepoltura dei martiri e riuscire a convertire militari
e nobili della corte, dove era stato introdotto da Castulo,
domestico (cubicolario) della famiglia imperiale,
che poi morì martire.
La leggendaria ‘Passio’, racconta che un giorno furono
arrestati due giovani cristiani Marco e Marcelliano,
figli di un certo Tranquillino; il padre ottenne un periodo di trenta giorni
di riflessione prima del processo, affinché potessero salvarsi dalla certa
condanna sacrificando agli dei.
Nel tetro carcere i due fratelli stavano per cedere alla paura, quando
intervenne il tribuno Sebastiano riuscendo a convincerli a perseverare nella
fede; mentre nel buio della cella egli parlava ai giovani, i presenti lo
videro circondato di luce e tra loro c’era anche Zoe, moglie del capo della
cancelleria imperiale, diventata muta da sei anni. La donna si inginocchiò davanti a Sebastiano, il quale dopo aver implorato
la grazia divina fece un segno di croce sulle sue labbra, restituendole la
voce.
A ciò seguì una collana di conversioni importanti, il prefetto di Roma Cromazio e suo figlio Tiburzio,
Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio; tutti in seguito subirono il martirio, come
pure i due fratelli Marco e Marcelliano e il loro
padre Tranquillino.
Sebastiano per la sua opera di assistenza ai cristiani, fu
proclamato da papa s. Caio “difensore della Chiesa” e proprio quando, secondo
la tradizione, aveva seppellito i santi martiri Claudio, Castorio,
Sinforiano, Nicostrato,
detti Quattro Coronati, sulla via Labicana, fu
arrestato e portato da Massimiano e Diocleziano, il
quale già infuriato per la voce che si diffondeva in giro, che nel palazzo
imperiale si annidavano i cristiani persino tra i pretoriani, apostrofò il
tribuno: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai
operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”.
Sebastiano fu condannato ad essere trafitto dalle
frecce; legato ad un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’,
fu colpito seminudo da tante frecce da sembrare un riccio; creduto morto dai
soldati fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici.
Ma la nobile Irene, vedova del già citato s. Castulo,
andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, secondo la pia usanza dei
cristiani, i quali sfidavano il pericolo per fare ciò e spesso venivano sorpresi e arrestati anche loro.
Ma Irene si accorse che il tribuno non era morto e
trasportatolo nella sua casa sul Palatino, prese a curarlo dalle numerose
lesioni. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e poi nonostante il
consiglio degli amici di fuggire da Roma, egli che cercava il martirio,
decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano e al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le
funzioni al tempio eretto da Elagabolo, in onore
del Sole Invitto, poi dedicato ad Ercole.
Superata la sorpresa, dopo aver ascoltato i rimproveri di Sebastiano per la
persecuzione contro i cristiani, innocenti delle accuse fatte loro,
Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte; l’esecuzione
avvenne nel 304 ca. nell’ippodromo del Palatino, il corpo fu gettato nella
Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo.
L’abbandono dei corpi dei martiri senza sepoltura, era inteso dai pagani come
un castigo supremo, credendo così di poter trionfare su Dio e privare loro
della possibilità di una resurrezione.
La tradizione dice che il martire apparve in sogno alla matrona Lucina,
indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e
ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” della Via Appia.
Le catacombe, oggi dette di San Sebastiano, erano dette allora ‘Memoria Apostolorum’, perché dopo la proibizione dell’imperatore
Valeriano del 257 di radunarsi e celebrare nei
cosiddetti “cimiteri cristiani”, i fedeli raccolsero le reliquie degli
Apostoli Pietro e Paolo dalle tombe del Vaticano e dell’Ostiense,
trasferendoli sulla via Appia, in un cimitero considerato pagano.
Costantino nel secolo successivo, fece riportare nei luoghi del martirio i
loro corpi e dove si costruirono poi le celebri basiliche.
Sulla Via Appia si costruì un’altra basilica costantiniana
la “Basilica Apostolorum”, in memoria dei
due apostoli.
Fino a tutto il VI secolo, i pellegrini che vi si
recavano attirati dalla ‘memoria’ di s. Pietro e s. Paolo, visitavano in quel
cimitero anche la tomba del martire, la cui figura era per questo diventata
molto popolare e quando nel 680 si attribuì alla sua intercessione, la fine
di una grave pestilenza a Roma, il martire s. Sebastiano venne
eletto taumaturgo contro le epidemie e la chiesa cominciò ad essere chiamata
“Basilica Sancti Sebastiani”.
Il santo venerato il 20 gennaio, è considerato il terzo patrono di Roma, dopo
i due apostoli Pietro e Paolo.
Le sue reliquie, sistemate in una cripta sotto la basilica, furono divise
durante il pontificato di papa Eugenio II (824-827) il quale ne mandò una
parte alla chiesa di S. Medardo di Soissons il 13 ottobre 826; mentre
il suo successore Gregorio IV (827-844) fece traslare il resto del corpo
nell’oratorio di San Gregorio sul colle Vaticano e inserendo il capo in un
prezioso reliquiario, che papa Leone IV (847-855) trasferì poi nella Basilica
dei Santi Quattro Coronati, dove tuttora è venerato.
Gli altri resti di s. Sebastiano rimasero nella
Basilica Vaticana fino al 1218, quando papa Onorio III concesse ai monaci
cistercensi, custodi della Basilica di S. Sebastiano, il ritorno delle
reliquie risistemate nell’antica cripta; nel XVII secolo l’urna venne posta
in una cappella della nuova chiesa, sotto la mensa dell’altare, dove si
trovano tuttora.
S. Sebastiano è considerato patrono degli arcieri e archibugieri,
tappezzieri, fabbricanti di aghi e di quanti altri abbiano a che fare con
oggetti a punta simili alle frecce.
Patrono di Pest a Budapest e dei Giovani
dell’Azione Cattolica, è invocato nelle epidemie, specie di peste, così
diffusa in Europa nei secoli addietro.
Nell’arte antica s. Sebastiano fu variamente raffigurato come anziano, uomo
maturo con barba e senza barba, vestito da soldato romano o con lunghe vesti proprie di un uomo del Medioevo.
Dal Rinascimento in poi diventò nell’arte, l’equivalente degli dei ed eroi
greci, celebrati per la loro bellezza come Adone o Apollo, poi ispirandosi ad una leggenda dell’VIII
secolo, secondo la quale il martire sarebbe apparso in sogno al vescovo di Laon, nelle sembianze di un efebo, pittori e scultori
cominciarono a raffigurarlo come un bellissimo giovane nudo, legato ad un albero
o colonna e trafitto dalle frecce.
Il soggetto si presentava ad una libera
interpretazione del primo martirio delle frecce, (non si teneva conto che
fosse poi morto con il flagello) e secondo l’estro dell’artista per un
compiaciuto virtuosismo anatomico, applicato ad un soggetto religioso.
Anche Michelangelo nel “Giudizio Universale”, lo immaginò nudo e possente
come un Ercole, mentre stringe in pugno un fascio di frecce, interpretazione
guerriera del mite santo, beato nella comunione del Signore.
Innumerevoli sono le opere d’arte che lo raffigurano e
quasi tutti gli artisti, pittori e scultori, si cimentarono nell’opera, anzi
la semplicità del soggetto, uomo nudo legato ad una colonna, fu congeniale
specie agli scultori.
Ancora vivente, il papa lo denominò “difensore della Chiesa”, e celeste
patrono e difensore fu denominato da intere città,
capolavoro di questo tema è l’affresco di Benozzo Gozzoli nella chiesa di S. Agostino, della turrita San
Gimignano (1465), dove s. Sebastiano come le iconografie della Madonna della
Misericordia, accoglie gli abitanti della città sotto il suo mantello,
sorretto da angeli e contro il quale si spezzano le frecce scagliate dal
cielo da Dio.
Infine è da ricordare che insieme a s. Giovanni Battista, è molto raffigurato
nei gruppi di santi che circondano il trono della Madonna o che sono posti ai
lati della Vergine.
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